A volte mi chiedo, ingenuamente, lo ammetto, se i politici che così spudoratamente abusano della loro posizione e dei loro privilegi facciano i conti con la propria coscienza. Ebbene, io penso che non solo lo facciano, ma che si impartiscano anche una brava assoluzione. Il fatto è che non fanno altro che uniformarsi ad una prassi che, per definizione, è l'accettazione comune dei comportamenti pratici in deroga ai quei principi teoretici che la nostra cultura esprime da tempi lontani.
Ora, visto che stiamo disquisendo di colori i quali sono deputati alla redazione del complesso di regole che governa la nostra vita sociale, sorge un'altra domanda conseguente: si tratta di accettazione od imposizione di prassi?
Attualmente a me pare che siano valide tutte le due opzioni. Se da un lato accettiamo, anche se non senza mugugni, lo sfoggio di privilegi che spudoratamente viene esibito ogni giorno, considerandolo quasi ineluttabile, dall'altro lato, ci ritroviamo una classe politica che, al raggiungimento del "posto deve si comanda" si adopera per la creazione di regole finalizzate alla "conservazione delle specie" (la loro) e all'auto-assegnazione di sempre maggiori privilegi.
La soluzione, banalmente, è una maggiore consapevolezza da parte di tutti nel valutare, senza indulgenze, coloro i quali saranno candidati a rappresentarci, ma questo, purtroppo, sottende ad una coscienza politica che fatica a formarsi, contrapposta quotidianamente ad imposti temi inutili e fuorvianti.
La crisi economica, inoltre, non aiuta il consolidamento dei pilastri etici, come ci insegnano i sociologi, ma un quotidiano stimolo alla discussione, come meritoriamente avviene in rete, non potrà che essere salutare per contribuire allo sviluppo di quel senso critico che è caratteristica fondamentale di una società culturalmente evoluta.
Il miglioramento della situazione economica sarà solo uno e neanche il più importante, degli effetti di tale crescita delle coscienze.
Sempre secondo un ingenuo come me, sia chiaro.
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