domenica 21 aprile 2013

Il PD è imploso: un'idea suggestiva.

Piccola analisi amatoriale.

Partirei dal fatto fondamentale che il PD non ha saputo ascoltare i bisogni delle persone, per cui gli italiani, alle ultime elezioni, si sono divisi equamente in tre blocchi. In queste condizioni, purtroppo, un governo in coabitazione di almeno due di queste parti sta nei numeri scaturiti dalle urne, che ci piaccia o no.

Con questo governo "innaturale" si potrà stabilire un breve programma di riforme e tornare alle urne, ma, pur essendo gli italiani di memoria corta, le cicatrici di questo inciucio e dei franchi tiratori rimarranno, ponendo il PD e l'Italia di fronte una situazione molto complicata che probabilmente durerà qualche anno.

Per capire come uscirne, forse bisogna analizzare, senza indulgenza, una delle ragioni chi ci ha portato a questa situazione, ossia il fallimento del PD e della sua offerta che è stata messa in campo.

Apparve quasi come una forzatura sin dalla sua fondazione la coabitazione, decisa a tavolino, tra ex comunisti ed ex democristiani sotto lo stesso tetto e l'inverecondo spettacolo di questi giorni non appare altro che l'esplosione naturale delle contrapposizioni tra la cultura progressista e quella conservatrice che albergano all'interno dei questo partito.

Infatti, terminato l'entusiasmo della speranza iniziale che aveva coinvolto milioni di persone, le quali credevano in una nuova forza popolare e di centro-sinistra, ormai si guarda al PD come alla valle dell'eterno scazzo con l'emorragia di voti che ne consegue.

Infatti l'effetto di questa conflittualità non può essere altro che una proposta debole, inconcludente, annacquata, frutto di compromessi e di trattative per non scontentare nessuno: da partito di centro-sinistra diventi automaticamente di centro, quindi un'altra cosa!

Ma se questo per la gente può essere accettabile in un periodo di vacche grasse, quando si devono fare i conti al centesimo, si ha bisogno sicurezza, di proposte, poche, concrete e realizzabili, non di ragionamenti di principio.

Quindi rifondare il PD cambiando i suoi dirigenti per avere una forza progressista, di sinistra ed unita dove remino tutti dalla stessa parte? Non si vedono alternative. Probabilmente questo passerà da una scissione (credo affatto dolorosa), ma almeno si chiarirà chi vuole cosa. La chiave però sarà il leader che si sceglierà. Dovrà obbligatoriamente essere una persona autorevole che comprenda bene gli errori del passato per dare ai Democratici (o come si chiameranno) un'immagine nuova di grande partito popolare vero, da offrire agli italiani in alternativa agli altri. Tutti gli altri!

Propongo Stefano Rodotà.

domenica 14 aprile 2013

Revolution 6000

Il M5S sta facendo il possibile per favorire l'alleanza tra PD e PDL così da sfruttare, alle prossime elezioni, lo sdegno dei milioni di elettori (tra i quali chi scrive) che vedono questo accordo come il fumo negli occhi e raccattare dai cassonetti i loro voti per avere in mano le chiavi dei palazzi: un tempo si chiamava "tanto peggio, tanto meglio".
Nel frattempo sticazzi delle sorti dell'Italia e delle riforme che invece si potrebbero e dovrebbero fare con la responsabilità degli "unovaleuno"! La questione non li riguarda.
Ormai, visto che il trucco è sgamato e l'aritmetica dei seggi ci condanna, non ci resta che tornare alle urne prima possibile, così verificheremo se gli italiani avranno capito chi intende governare con serietà e responsabilità (ammesso che glie lo si faccia capire) o chi invece continua a giocare a fare il rivoluzionario integralista (a 6000 € al mese).

domenica 7 aprile 2013

Caro PD, se il leader non c'è, è inutile che fai le primarie.

Ma le primarie rafforzano oppure indeboliscono l'immagine di un partito?
Vorrei qui analizzare le consultazioni che mette in campo il PD per la scelta dei candidati unici (sindaco, premier, governatore) e non quelle relative alla scelta dei parlamentari, le quali meritano considerazioni diverse.
Partendo dall'innegabile valore assoluto in termini di democrazia il rischio è che le primarie siano utili soltanto all'interno del partito che le organizza, in quanto è molto concreta la possibilità che dall'esterno possano essere viste come il sistema per risolvere i contrasti interni.
D'altronde, per parlare di comunicazione, se si cominciasse a capire il modo di ragionare delle persone semplici e non particolarmente acculturate, tipo chi scrive, si comincerebbero a trasmettere concetti semplici e non "piattaforme programmatiche"!
Certo, tra i fedelissimi del partito lo strumento delle primarie diffonde un'aria di coretto confronto democratico e di salutare momento di consultazione della base regalando ai militanti l'impressione (magari fondata) di far parte dell'organizzazione più democratica del paese, ma dal di fuori?
Quante persone avete sentito dire: "quelli non si mettono d'accordo ed io devo pure pagare per aiutarli a decidere?" che è un discorso un bel pò qualunquista, ma tant'é! Per inciso, a coloro i quali sostengono che i sondaggi, subito dopo le primarie, davano il PD a cifre altissime, risponderei che quelle cifre erano così alte in quanto per settimane non si è parlato d'altro, secondo me.
Insomma, credo che se il leader ce l'hai ed è riconosciuto (vedi elezioni nel Lazio) le primarie non ti servono e magari riesci pure a vincere, quindi spero si cominci a dare voce alle persone che interpretano in maniera semplice e concreta quelli che sono i bisogni delle persone, avanzando poche proposte chiare e realizzabili, fornendo riposte concrete e non ambigue ai temi di cui si discute tutti i giorni, altro che inciuci o teorie sui massimi sistemi!
Tutto ciò al netto del delle difficoltà congenite dovute alla volontà originale di riunire sotto lo stesso tetto comunisti e democristiani, ovviamente.